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di Laura Linguini
Le cuoche che volevo diventare

16/3/2011 - 8:26

"LE CUOCHE CHE VOLEVO DIVENTARE"

Non ho mai voluto lavorare in una cucina di sole donne; mi sembrava di sentirle, lamentarsi tutto il giorno della cattiverie degli uomini, mentre erano state loro a imboccare la strada dell'emarginazione, rinchiudendosi nel loro universo in rosa.

Mi dicevo: vittime del loro vittimismo.

Da poco sono approdata in una cucina di tre sole donne, me compresa. Ho fatto uno strappo alla regola perchè un saggio mi ha detto: "Il cibo di Antonia fa innamorare".

E se un uomo parla così di una collega, vuol dire che la collega in questione, Antonia Klugmann, triestina di nascita, cividalese d'adozione, è proprio fuori dal comune.

Appena arrivata, la chef mi ha prestato un libricino: "Le cuoche che volevo diventare. Ventuno grandi cuoche in cucina".

"Leggilo, è bello" mi ha detto, sorridendo complice.

"Ecco, ci siamo, lo sapevo, metti insieme un paio di donne e subito inizieranno a raccontarsi di quanto il mondo trasudi maschilismo." Ho pensato mentre, con fare scettico sfogliavo il libretto.

Eppoi ho iniziato a leggerlo; per sfida, per vedere dove Roberta Corradin volesse andare a parare, a che livello della mia personale scala disapprovazione si collocasse col suo femminismo dell'ultim'ora.

Adesso però, dopo averlo letto tutto d'un fiato, sono qua, a consigliarvi questi 21 ritratti di donne, entusiaste della loro professione, capaci di viverla con passione e tenacia; libere da qualsiasi autocommiserazioni, consapevoli però che essere donne in un mondo al maschile è tremendamente faticoso.

Perchè donne e cucina è apparentemente uno storico connubio, fatto di massaie, pranzi della domenica, famiglie riunite nell'avvolgente abbraccio di piatti fumanti.

E invece quando la cucina da quotidiana e casalinga diventa professionale la musica cambia, drasticamente: il gentil sesso è,nemmeno troppo cortesemente, pregato di tenersi alla larga da certi ambienti, troppa tensione, troppo al caldo e troppo in piedi, orari inconciliabili con le necessità di una famiglia.

Il mondo della cucina si declina ancora oggi al maschile; se va di lusso, una donna viene tollerata in pasticceria: glasse e semifreddi non sono certo un compito virile, precisione e rigore imprigionano la maschile creatività in un dedalo di grammi e temperature.

Ricordatevelo: gli uomini sono bravi perchè geni estemporanei, le donne al massimo discrete se si applicano, hanno metodo.

"Lui è uno chef. Io sono una cuoca. Lo so, suona revanscista e a nessuno importa niente del revanscismo femminile o femminista, oggi. Se vuoi farti ascoltare devi chiamarla par conditio. Resta il fatto: lui è uno chef, io una cuoca. Come cuoca, non ti salvano nemmeno tre buone stelle Michelin, c'è sempre qualcuno pronto a rinfacciarti di trascurare la famiglia per l'hobby della cucina.

A ben vedere, il mio essere cuoca stempera via un intoppo grammaticale: cosa sarei, se no?Una chef?Una sceffa?(...) Lo chef comanda. La cuoca cuoce-cucina, tutt'al più, (...).

Dunque, io cucino. Lui parla con i giornalisti, va in televisione, insegna al pubblico -giuro- le ricette che ho inventato io. (...)

Questo agli chef bisogna riconoscerlo. Gli uomini stanno dentro e fuori dalla cucina; le donne solo dentro. E' per questo che siamo "solo" cuoche. (...)

Ce lo meritiamo, di chiamarci cuoche."

Parola di UNA CUOCA MARITATA.

No, il coraggio e la passone di queste donne col vittimismo non hanno nulla a che spartire.

Laura Linguini

 
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17/3/2011 - 1:28

AUTORE:
Laura Linguini

La ragazza nella foto è una delle protagoniste del libro di Roberta Corradin: si chiama Loretta Fanelle, è una pasticcera e, nonostante sia giovanissima, ha un curriculum spettacolare: Cracco, El Bulli, Pinchiorri.
Oggi è approdata, con la sua linea di dolci al Livorno al caffè Mamà, dove collabora col fidanzato.

Fate una scappata da Loretta Fanella, il caffè Mamà è nel centro di Livorno a due passi dai quattro Mori, nei pressi del Porto Mediceo.