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Un omaggio all'arte dei cartai al Museo di Pietrabuona

26/9/2022 - 10:14

Inaugura il 27 settembre, al Museo della Carta di Pescia, La memoria di quello che verrà, un’installazione di Gabriella Salvaterra, che a partire dal materiale contenuto nell’Archivio Storico delle Antiche Cartiere Magnani conservato presso il museo, omaggia la vita e l’arte dei cartai e la carta, elemento fondante di tutte le culture che ne hanno fatto uso. Il Museo, nato per preservare e tramandare la plurisecolare tradizione della Carta Magnani di Pescia, sulla scia di una delle carte più note e apprezzate al mondo - Napoleone Bonaparte, Gabriele D’Annunzio, Picasso ne erano estimatori -  ha come scopo quello di far conoscere l’arte della lavorazione della “carta a mano”, l’importanza e l’evoluzione della sua produzione sul territorio pesciatino dalla fine del secolo XV. L’installazione sarà visitabile fino al 31 gennaio 2023.

 

Come si fa a valorizzare e diffondere il contenuto di un prezioso archivio? Cosa accade quando un’artista di teatro, che da anni indaga le possibilità che la memoria offre al presente e le possibilità sensoriali degli oggetti incontra questo archivio? Nasce La memoria di quello che verrà, un’installazione di Gabriella Salvaterra, a partire dal materiale delle Antiche Cartiere Magnani, ideata per il Museo della Carta di Pescia (presieduto da Paolo Carrara e diretto da Massimiliano Bini), che il 27 settembre, alle ore 18.00 aprirà ai visitatori una sorta di scrigno delle meraviglie, esito di questo incontro speciale, avvenuto grazie a all’intuizione di Antonella Carrara e all’Associazione Museo della Carta di Pescia. L’installazione sarà visitabile, negli orari di apertura del museo, fino al 31 gennaio.

 

Gabriella Salvaterra, fra gli interpreti storici di Enrique Vargas e il Teatro de los Sentidos ha attraversato i contenuti di uno dei più importanti archivi d’Italia sul tema, per dimensioni, per quantità e per qualità delle carte conservate, un archivio che racconta la storia centenaria del processo di creazione di una carta straordinaria, quella della famiglia Magnani, che già nella seconda metà del 1700 era fra le più diffuse e importanti al mondo, che ha prodotto carta moneta per 34 paesi, apprezzata da molte famiglie regnanti in Europa tra cui Napoleone Bonaparte (la cui forma da carta filigranata originale è conservata al Museo). La cartiera fu fornitore ufficiale anche del Regno d’Italia, per il quale furono stampati accordi e documenti importanti e durante il XIX e il XX secolo ed artisti come Picasso, De Chirico, Guttuso e scrittori come D’Annunzio e Giusti hanno incaricato le cartiere Magnani di produrre le carte per i loro studi o per i loro lavori, spesso con filigrane personalizzate.  Dal 1500 in avanti la storia della carta è la storia della sua cartiera: i cartai fino a quel momento erano nomadi, la stanzialità è iniziata quando i proprietari dell’impresa hanno iniziato a costruire alloggi all’interno dello spazio produttivo. In cartiera, da quel momento, si nasceva, ci si sposava e si moriva, (lo stesso padrone viveva lì) quindi l’identificazione tra lavoro e vita dei cartai era totale. Carlo Magnani (l’intellettuale, fra gli eredi, nato nel 1887 e morto nel 1965) diceva che la cartiera era un piccolo stato. I suoi abitanti erano gelosi e orgogliosi dei segreti produttivi e del loro ruolo come lo sono i cittadini delle eccellenze dei loro paesi. Per questa ragione Gabriella Salvaterra ha deciso di concentrarsi sulla memoria delle donne e degli uomini che, attraverso il loro lavoro, hanno dato vita e tramandato nei secoli la grande tradizione della Carta Magnani di Pescia.

 

L’installazione, che trova spazio nel percorso espositivo del Museo della Carta di Pescia, nel fondovalle del fiume omonimo, all’interno dell'antico opificio Le Carte (uno dei monumenti più rilevanti, su scala internazionale, di archeologia industriale) propone uno sguardo sul lavoro degli artigiani come parte essenziale del nostro patrimonio culturale. L’intervento poetico nello spazio del museo recupera l'eco di quelle persone che hanno dato vita all’arte di fare carta e hanno prodotto, con le loro mani, un numero enorme di manufatti  - lettere, accordi, dipinti, testi indelebili o semplici appunti di passaggio – che sono stati l’ingrediente essenziale delle nostre relazioni personali, lavorative, economiche, politiche, culturali.  La storia della carta è la storia di uno dei più antichi e diffusi strumenti di comunicazione e quindi anche delle società e delle culture in cui è diffusa. L'installazione si addentra delicatamente nella vita e nelle storie personali di questi artigiani, un viaggio intimo e allo stesso tempo collettivo. Il visitatore troverà il riverbero di storie come quelle del  “Ministro della Cartiera”, Giovacchino alto, pelato, baffi bianchi, occhi cerulei, “che portava sempre un grembialetto di bucato, legato alla cintola e la domenica si rimutava, e, vestito di nero come un vecchio dottore, andava a far colazione in città, da Giannone, perché era ghiotto di pan bianco e di trippa” o Baello, che lavorava al tino di mezzo, roseo, zoppo, la testa grossa a lucchese, un baffo su uno giù, la voce di donna, o la Boccia, Bottacciate, Calcabrino, Ovavengo, che nelle pause dal lavoro, narravano storie (dal testo di Carlo Magnani Ricordanze di un cartaio).

 

Dice Gabriella Salvaterra: “La mia opera cerca soprattutto di condividere un'intuizione, una traduzione dell'eco che risuona ancora negli angoli, nei dettagli, nelle cose di questo luogo. Perché sono convinta che la memoria si nasconda negli oggetti, negli angoli, nei cassetti o nelle tasche, e sta lì, ad aspettare, che un giorno vogliamo ascoltarla. Ho lavorato partendo da scatole, cassetti, piccoli spazi che contengono e conservano tracce di intimità e che, allo stesso tempo, sono una finestra su quella memoria delle persone, perché il fondo dei cassetti è sempre uno spazio di intimità. Mi interessa parlare delle persone che hanno abitato questo posto. Ho cercato di dare impulso a un atto poetico-sensoriale che rende omaggio all'umano, alla collettività, al sapere collettivo, all'artigianato.” La composizione prenderà forma da queste scatole della memoria, tra dettagli dell’archivio, piccoli oggetti che ancora respirano sospesi nel tempo, silhouette che narrano in controluce momenti quotidiani, mondi sommersi nell’acqua e immagini evocative.

 

 

Gabriella Salvaterra, vive e produce i suoi spettacoli tra il Cile, Barcellona e l’Italia. Attrice, regista, formatrice, artigiana e scenografa, da sempre interessata ai punti di contatto tra installazione, spazio immaginario ed esperienza teatrale immersiva, continua a sviluppare due percorsi artistici paralleli: il suo lavoro all’interno di teatri e spazi non convenzionali e l’esperienza all’aperto, in ambiente naturale. Nel 1999 entra nella compagnia internazionale Teatro de los Sentidos, diretta da Enrique Varegas con cui ha lavorato stabilmente fino al 2020 in Europa, America Latina, Stati Uniti, Asia ed Australia e con cui nel 2011 ha firmato la regia di “Cuando el rio suena” prodotto dal Festival Santiago a Mil, in Cile. Dal 2014 apre una collaborazione residenziale con l’Ecovillaggio di Granara e con il Festival di Granara, che ha portato alla creazione di diverse esperienze sensoriali immersive nella natura. Fra i suoi spettacoli “dopo” (2015), coprodotto da Vie Scena Contemporanea Festival, “un attimo prima” (2017), coprodotto da Da vicino nessuno è normale Festival, “sollievo” (2019), coprodotto da Le Channel – Scene Nationale Calais,  “succede”(2021), coprodotto da Artisti Drama, e “tutto passa, tutto resta” (2021). 

 
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